top of page

Leggende:

La farina del Mulino
  di Renzo Balzan

Per chi da Tolmezzo risale la strada della Val Tagliamento, arrivato un momento prima di entrare a Villa Santina, se guarda sopra la costa dell'altopiano di Lauco, a destra, può vedere un'ombra bianca, come una spolverata di farina sull'orlo di un canale di roccia. Questo è il varco da dove scende la cascata del rio Rarime.


Così, a prima vista, non sembrerà nè un ruscello, nè una cascata, ma se si torna quando sta piovendo abbondantemente, si può assistere ad uno spettacolo che è perlomeno straordinario. La "colpa" è del Radime che dopo aver percorso sul piano di Lauco, si trova dinnanzi il vuoto e cade con un salto di un centinaio di metri sulla ghiaia che si trova dietro il cimitero di Villa Santina.


Il risultato è una grande nuvole di acqua polverizzata, che scivola giù dopo aver girato fra le rocce , con un effetto che non ha uguali. In presenza di un terreno ricco di gesso, la sabbia e il fango, portati via e trascinati dalla corrente sulle onde del ruscello, si mescolano con l'acqua, e vanno a posarsi come una rugiada sopra gli sterpi, le ghiaie e i dirupi, dando l'impressione di avere dinnanzi agli occhi una leggera nevicata. Peraltro, su questo fatto, che ha una spiegazione del tutto naturale, esiste una vecchia leggenda che dà una spiegazione differente e fantastica.


Questa trova radici nella tradizione popolare, e dove c'entrano anche il Signore e il diavolo.
Dunque ci raccontano gli anziani che molti anni addietro quando tutti i paesi appoggiati sui colli e i canali della Carnia avevano il loro mulino, con aggiunto vicino il forno a legna, dove ogni famiglia poteva macinare la segala e il granoturco, e dopo cuocere il proprio pane nero.


A questo proposito il mulino in comunità del paese di Lauco, si trovava sulla lastra di roccia a strapiombo sulla pianura che si allarga tra Villa Santina e Invillino. Lo avevano costruito sulle sponde del rio Radime in modo da adoprare l'acqua per far girare la ruota e mettere in movimento la mola.


Un giorno di chi sa quale autunno inoltrato, giornata ventosa e fredda, si presentò alla porta del mulino un povero, e tanto magro che si vedevano le ossa. Era nostro Signore, in persona, che si era trascinato appositamente per venire a domandare la carità di un pugno di farina, e vedere che specie di gente vivesse da queste parti.


Neanche a farlo apposta,  per combinazione si trovava a macinare una donnaccia. Una tignosa della peggior risma.  Dunque il signore senza farsi troppi scrupoli osò lo stesso entrare e con buone maniere le domandò: "Donna di fede, mi fate la carità di un pugno di farina, sono giorni che non metto nello stomaco niente?"
La matrona,, che non sospettava chi si nascondesse dietro le spoglie di quel poveraccio, dopo averlo guardato di brutto (come facciamo noi al giorno d'oggi coi marocchini o con i neri che vengono a cercare di vendere  paccottaglie nelle nostre case), gli rispose scontrosamente: "Farina a voi? Ci mancherebbe altro. Non crederete mica che la roba mi venga giù dalle tegole! E poi quello che sto macinando non è roba mia. Andate via, che non posso star dietro a voi, io ho troppo da fare!"
Il Signore la guarda sorridendo, e mentre si gratta l'ispida barba, le dice: "Bene, bene pazienza, se la farina non è vostra vorrà dire che è del cuculo, che sarà lui il padrone di tutto!"
A questo punto quella "sbilfa"  di donna, toccata sul vivo, si fece innanzi tutta alterata, e gridando a piena bocca: "E' inutile che la tirate alla lunga. Vi ho detto e torno a ripetere che quella che sto macinando non è roba mia. E poi guardate! Se sono bugiarda potesse il diavolo portarsi via con lui questa farina!"


Non aveva neppure finito di pronunciare la sentenza, che si presentò sedutastante dinnanzi a lei il padrone della fornace dove vengono mandate a patire le anime dei dannati. La donna prese una paura maledetta tanto da correre a nascondersi sotto una tavola.

Ma il demonio non le badò e senza fare troppe cerimonie riempì di corsa in un paio di sacchi fino all'ultima presa di farina. La disperse con grandi manate da sopra la cima della cascata.

 

Quella farina è ancora lì, e si può vedere quando si passa da quelle parti. Specchio di un castigo per peccati come l'avarizia e la menzogna, che sono fra i peggiori che l'uomo possa fare.

LC2016 © Copyright
bottom of page